lunedì, giugno 30, 2008

Cascinazza Amber - La prima birra Monastica Italiana

Riporto con molto piacere questo articolo di Lorenzo Fassoni pubblicato su avenire domenica 22 Gougno

Chissà se un giorno arriverà ad uguagliare la sua ispiratrice, la "consorella" belga, quella
Westvleteren 12 giudicata da esperti del settore «la miglior birra al mondo», prodotta nell’abbazia trappista di Saint Sixtus, nelle Fiandre occidentali. Già, perché dalla Cascinazza, comunità monastica di ispirazione benedettina situata a Buccinasco, a pochi chilometri da Abbiategrasso (Mi) e poco distante dal fiume Ticino, da poche settimane è uscita la prima birra italiana prodotta da religiosi che hanno fatto dell’ora et labora il proprio stile di vita. In questo caso, accanto alla pratica spirituale, vi è il lavoro particolare della produzione di una birra artigianale già in vendita in diverse parti d’Italia. Non che l’accoppiata "monaci-birra" debba essere considerata astrusa: fu proprio all’interno degli ambienti benedettini, a cavallo dell’VIII e IX secolo che, grazie al perfezionamento del metodo di produzione della birra e all’aggiunta del (determinante) ingrediente del luppolo, si arrivò ad una produzione birraia su larga scala. Se la bevanda bionda era, fino ad allora, un prodotto tipico delle genti del Nord, consistente in un misto liquido di cereali fermentati, ma con un lasso di conservazione molto ridotto, fu l’interesse e la perspicacia dei monaci del Medioevo che ne mutò l’essenza. Infatti, la prima attestazione che indica il luppolo come ingrediente per la birra, guarda caso, risale ad un documento del monastero benedettino francese di Saint- Denis nel 768; già nel IX secolo, poi, nella piantina dell’abbazia benedettina di San Gallo, in Svizzera, sono indicate tre stanze adibite alla produzione della birra. E, giusto l’anno scorso, il sito internet specializzato Ratebeer ha indicato nella Westvleteren 12 la birra più buona al mondo. E al Priorato di San Pietro e Paolo, sorto nel 1971 a due passi da Milano con l’intento di vivere il Vangelo in stile benedettino e secondo le indicazioni del Concilio Vaticano II, ecco che si rinverdisce la tradizione di «dare gloria al Signore attraverso un lavoro ben fatto», come ha ricordato l’esperto di gastronomia Paolo Massobrio, il quale ha aiutato i monaci della Cascinazza nei primi passi della loro nuova attività di birrai. Sono questi ultimi a spiegare così le caratteristiche della Cascinazza Amber, la prima birra di produzione monastica nel Belpaese: «La genuinità delle materie prime, attentamente selezionate, l’alta fermentazione, un lungo tempo di maturazione e la rifermentazione in bottiglia conferiscono alla Birra Cascinazza un notevole profilo aromatico. La lavorazione artigianale non seguita da nessun processo di filtrazione, stabilizzazione o pastorizzazione garantisce al consumatore la fruizione di un prodotto "vivo", il cui gusto si evolve e si affina nel tempo». Ogni anno dalla Cascinazza usciranno 35 mila bottiglie che finiranno nei 17 punti vendita sparsi, con notevole celerità, su tutto lo Stivale, da Bergamo a Roma passando per la Liguria e il Piemonte
(l’intero piano degli store monastici è consultabile su www.birracascinazza.it). La scheda tecnica della Amber parla di una birra doppio malto, dal profumo aromatico «molto interessante, fruttato, con delle note aromatiche speziate»; grado alcolico 6,4, bottiglie da 75 cl, da servirsi tra i 10° e i 12° C. Alla rivista Il mondo della birra i religiosi della Cascinazza hanno anche raccontato la genealogia del loro apprendistato di birrai. Quando tre anni fa pensavano a nuove attività lavorative per sostenere la propria comunità, una proposta inaspettata è giunta loro da Ambrogio De Ponti, presidente dell’Associazione lombarda dei produttori ortofrutticoli: «Producete birra!». Interessati dalla cosa, un paio di monaci benedettini milanesi hanno fatto armi e bagagli per soggiornare un po’ di tempo proprio dai "maestri" trappisti di Saint Sixtus, dove si produce la mitica Westvleterene anche in altri monaseri nordici come Achel e Chimay. Dopo un periodo di apprendistato e un certo tempo di pratica "domestica", gli stessi benedettini hanno frequentato un corso all’università di Udine per apprendere i fondamenti della tecnologia birraia. Di qui la costruzione di un impianto "su misura" per lo spazio monastico lombardo. E la birra benedettina ha ora preso il via per l’intero Bel Paese.

4 commenti:

Alfa ha detto...

Ma la birra con luppolo potrebbe essere molto più antica...

Alcuni anni fa, scavando una necropoli golasecchiana a Pombia, venne rinvenuta una tomba intatta del VI sec. a. C.
All'interno di un bicchiere vennero rinvenuti dei resti organici che, ad un'analisi scientifica, si rivelarono i residui di una bevanda fermentata composta da una significativa presenza di orzo e tracce di luppolo.
La stessa forma del bicchiere, a labbro svasato è stata rianalizzata alla luce di questa scoperta. Non a caso, con l'introduzione della coltivazione della vite, un secolo dopo circa, i bicchieri nelle urne cinerarie cambiano forma e assumono una simile a quella dei nostri bicchieri da vino.
La birra celtica ("cervogia"), probabilmente del tipo di quella rinvenuta a Pombia, era rinomata sotto l'impero romano e non paragonabile alla birra mesopotamica ed egizia, considerato buona solo per la plebe.

E' probabile quindi che i monaci abbiano semplicemente conservato (come in molti altri campi) tecniche di lavorazione molto antiche. Del resto il luppolo è una pianta selvatica autoctona dei nostri paesi, comunemente usata nell'alimentazione ("lavartis").

La cosa simpatica è che anche Pombia si trovi vicino al Ticino...

Unknown ha detto...

Alfa sei Grandissimo, è proprio il caso di chiederti "Ma quante ne sai!!!", considerata la cura con cui i monaci hanno conservato i volumi letterari non credo ci sia nulla di stupefacente che abbiano anche conservato il modo di lavorare la birra. La notizia mi ha colpito in particolare perchè sono stato qualche anno fa sono stato diverse volte alla Cscinazza, è un luogo veramente grandioso e c'è la possibilità di assistere alla messa accompagnata dai canti gregoriani. Tra le altre cose Fu l'ultima dimora del pittore Bill Cogdon che li visse gli ultimo anni della sua vita dipingendo la nebbia delle campagne della bassa milanese.

Alfa ha detto...

Un luogo che merita decisamente una visita, insomma...

Unknown ha detto...

Senza Dubbio! Tra l'altro è a due passi da Milano, precisamente frazione Gudo Gambaredo che è una frazione di Buccinasco