sabato, luglio 19, 2008

Rdrock Project al Rosa Antico Club

Ecco un video fatto con le foto della serata ed estratti delle canzoni eseguite pubblicte sul forum di Rdrock


Di seguito invece potete leggere l'intervista che è stata fatta agli artisti dell' Rdrock Project che hanno suonato al Rosa Antico...

1) Perché uno dovrebbe ascoltare la tua musica?

Ivo: Me lo chiedo tutte le volte che scrivo una canzone. Forse la domanda giusta sarebbe "perchè DEVO far ascoltare la mia musica?" e in questo caso risponderei che è la forma migliore che ho trovato per raccontare me stesso agli altri, anche se agli altri magari di me interessa poco.

Giovanni: Già perché? Forse quello che si muove dentro di me ha a che fare con quello che si muove dentro ogni uomo, non lo so.

Francesco: Perchè non dovrebbe farlo ?

Walter:
Non c'è una ragione sola al mondo per cui uno DOVREBBE ascoltare la mia musica. Io suono e canto ormai da quasi trent'anni, e credo di averlo fatto quasi sempre in modo serio e preparandomi. Perciò quello che chiedo a chi mi sta di fronte quando suono è la stessa serietà che metto io suonando, sia che si tratti di coinvolgersi ballando, sia che si debba ascoltare. Ma nessuno è costretto a questo, ha sempre la libertà di non ascoltare.

2) Cosa vuol dire per te suonare in acustico?

Ivo: Vuol dire proporre musica in una situazione che aiuta l'ascolto.

Giovanni: Non lo so, è una sfida che ci ha lanciato Ivo, io sono sempre scazzato quando suono da solo perché penso al fatto che ho smesso di studiare approfonditamente la chitarra per prendermi quella cazzo di laurea in fisica. E fare quattro accordi mi risulta leggero solo se sono un po' in aria, grazie al vino, o se sono in compagnia, spesso anche lì in aria, a cantare le belle canzoni di una volta, ma con la mia musica è tutta una partita aperta

Francesco: My soul and my guitar naked on stage.

Walter: E' forse la dimensione che prediligo, perché trovo che si riescano a proporre le canzoni (proprie o cover) senza ulteriori orpelli, in una maniera, almeno per me, vicina a come le canzoni sono nate. Poi mi piace molto anche pensare agli arrangiamenti, strutturare e scrivere parti per altri strumenti, così come mi piace molto, per certe canzoni, il suono elettrico. Ma molti degli artisti a cui sono più legato si sono sempre mossi in territori acustici, e questa deve essere la ragione principale per cui questo mondo mi affascina così.

3) Cosa vuol dire per te suonare all RdRock project?

Ivo: Vuol dire condividere con degli amici musicisti la stessa passione e le stesse esigenze.

Giovanni: Vuol dire condividere con altri amici una passione, it's easy!

Francesco: Amicizia.

Walter: Rimettermi di fronte a quello che ho prodotto, magari senza proporlo così di sovente, e vedere se è valido, se posso cantare e suonare quel materiale in pubblico. Eppoi è un'occasione di confronto con altre persone, con le loro diverse modalità compositive, con i loro mondi di riferimento.

4) Quale tra le tue canzoni non smetteresti mai di suonare e perchè?

Ivo: "Rosa da cercare", perché è una canzone sulla "gratuità" e sulla "ricerca"

Giovanni: Posso dire anche quali non smetterei mai di cantare? si, grazie!
"Little wing", perché mi piace. Poi "stay" degli u2 perché è geniale nella sua carica sentimentale e "amore dammi quel fazzolettino" perché la cantava mia mamma quando ero piccolo e mi ricorda la bellezza di quando ero piccolo e la sera c'era il tizio barbuto che leggeva il meteo.

Francesco: Oddio, dipende dai periodi. Adesso "Le Mani", ma perchè non ho ancora capito
come arrangiarla.....

Walter: Per il mio ipercriticismo nei confronti di me stesso, non sono fra quelli che continuamente suonano e risuonano le proprie canzoni... Fra tutte forse LA MUCCA CAMILLA è quella che propongo e ripropongo senza stancarmi mai. E funziona ancora, dopo 10 anni, con tutti i tipi di pubblico.

5) Beatles o rolling stones?

Ivo: Beatles forever! La genialità dei quattro baronetti è a tutt'oggi insuperata!

Giovanni: WHO!

Francesco: Rolling Beatles. Fikus eh?

Walter: Beatles tutta la vita.

6) Quello che suoni è il genere che vorresti suonare?

Ivo: Non sempre. Suono il genere che, con le mie limitate capacità, mi permette di farmi ascoltare senza far grossi danni.

Giovanni: SI, ECCHECCAZZO!

Francesco: Si. Più o meno.

Walter: Quando mi capita di proporre le mie canzoni, le propongo come le voglio realizzare io. Per il resto suono musica di tutti e due i generi, Country e Western.

7) Tra gli artisti dell'rdrock project con chi ti piacerebbe collaborare?

Ivo: Con tutti! Sono tutti ottimi artisti! E con alcuni ho già collaborato (Walter e Frank)

Giovanni: vorrei cantare le canzoni di Ivo!

Francesco: Tutti ma per motivi diversi.

Walter: Ho già collaborato con Ivano a molti livelli, con Francesco invece non ho mai suonato. Diciamo che anche la maniera di scrivere di Giovanni mi interessa, e avendo il tempo necessario mi piacerebbe mettere le mani su una delle sue canzoni e lavorarla un po'. Is it correct enough?

8) Come inizia il processo di scrittura di una canzone?

Ivo: Inizia con l' "avere qualcosa da dire". Se non ho nulla da raccontare, posso stare mesi senza scrivere una canzone, ma questo per me sarebbe segno che sto vivendo una vita piatta.

Giovanni: il Daimon si sveglia e fa tutto lui. Veramente arriva così, imprevisto.
mi viene in mente Rebora:

"...verrà d'improvviso,
quando meno l'avverto:
verrà quasi perdono
di quanto fa morire,
verrà a farmi certo
del suo e mio tesoro,
verrà come ristoro
delle mie e sue pene,
verrà, forse già viene
il suo bisbiglio."

Francesco: Di solito comincia la canzone. Un po' come con le donne..... illuso
chi crede di essere lui a cominciare!

Walter: Nelle maniere più diverse, da una frase, musicale o di testo; da un'idea ritmica; da qualche spunto in seguito a una lettura... Per quanto mi riguarda, in quasi tutte le canzoni che ho scritto è nato prima il testo completo, poi la musica. Per questo mi risulta relativamente più semplice musicare un testo altrui, al limite adattandolo un po'.

9) Chi sono i tuoi riferimenti musicali?

Ivo: Oggi ascolto tantissimi generi diversi, ma guardo molto a Dave Matthews. Tempo fa privilegiavo gli U2 e Vasco Rossi, e molta musica italiana degli anni 70 e 80.

Giovanni: pearl jam. Poi ascolto di tutto, in sto periodo sono in scimmia col fado, e sto consumando il cd live del 1991 "lisboa" dei madredeus. Il 3 luglio vado a vedere teresa salgueiro? Venite?!!

Francesco: Tutto e di più. Praticamente nessuno.

Walter: Pat Metheny, Weather Report, Oregon; Michael Hedges, Ani Di Franco, Dave Matthews; John Martyn fra il '70 e il '73, Nick Drake, Lucio Battisti, Beatles, John Mayer e un milione di altri.

10) Cosa ti ha spinto a scrivere musica e cosa vuoi comunicare?

Ivo: E' stato il mio amico Sandro Talia a spingermi a scrivere canzoni, ma la musica del mio amico Claudio Chieffo ha avuto su di me un fascino tale che devo a lui questa grande necessità che ho di mettere insieme parole e musica. Racconto in musica la mia esperienza di vita, anche se magari la mia vita non è poi così interessante!

Giovanni: Bisogna che chieda a Dio di farmelo capire di più, in questi anni ho giudicato poco,
tutto istinto, ma spero di imparare. Comunque ho un bisogno, di qualcosa, e la musica mi aiuta a tirare fuori questo bisogno, non so, devo farlo però. Devo scrivere.

Francesco: Necessità. Comunicare le pieghe della realtà.

Walter: Mah, in genere si comunica ciò che si vive. Sia scrivendo canzoni che brani strumentali. Non saprei che altro aggiungere.
Si vive nel momento in cui si guarda ciò che accade e si prova a leggerlo, a focalizzarlo, a giudicarlo e a farlo diventare un testo con musica o semplicemente un brano musicale. Si vive anche nel momento in cui si suona, e quello che hai scritto diventa performance, viene eseguito e trasmesso ad altri che ascoltano.
Si cerca di vivere e di trasmettere un’emozione, non nel senso effimero ed epidermico in cui si intende oggi, da Xfactor a venire in giù, ma nel senso vero, che ha la stessa radice di com-mozione, qualcosa dentro di te che si muove, e muove qualcosa di profondo anche nell’altro che ascolta. Questo può avvenire (spero) con una mia canzone, con una cover rock, con un canto alpino o con una ninna nanna siciliana. Basta imparare ad ascoltare senza pregiudizi.

vano Conti (http://www.myspace.com/ivanoconti)
Giovanni De Cillis & Coil Spring (http://www.coilspring.altervista.org/)
Walter Muto (http://www.waltermuto.it/)
Francesco D'Acri (http://www.myspace.com/frankdacri)

lunedì, luglio 14, 2008

Perché la notte è buia? - di Marco Bersanelli

L'abisso nero del cielo, oltre le stelle e le galassie, porta il segno dell'origine. Un astrofisico, Marco Bersanelli, fa il punto sulle ricerche cosmologiche più avanzate. Trattando il suo oggetto con serietà, la scienza si imbatte in un fattore che deve riconoscere come «oltre». Glielo impone la fedeltà al metodo

«Perché la notte è buia?». Pare una di quelle domande di un bimbo di tre o quattro anni, che di fronte a qualunque cosa non sa trattenere quella strana paroletta: «perché?». Eppure, presa sul serio, questa domanda porta a conseguenze notevoli per la comprensione della struttura dell'universo su grande scala e sulla sua evoluzione nel tempo. In altre parole, è una domanda cosmologica. La cosmologia è il ramo dell'astrofisica che ha come oggetto (unico, per definizione) l'intero universo fisico. La cosmologia non ha come scopo lo studio dei pianeti, le nebulose, le stelle o le galassie; bensì l'insieme di tutte queste cose.
Sulla domanda del nostro bambinetto ha riflettuto seriamente Olbers nel 1826. Egli si rese conto che se l'universo fosse infinito e riempito in modo più o meno uniforme di sorgenti luminose (stelle, galassie), allora il fondo del cielo invece che nero ci dovrebbe apparire luminoso, tanto brillante quanto la superficie del sole, e la temperatura ovunque nell'universo sarebbe di migliaia di gradi. Sarebbe un universo davvero poco ospitale. Ma evidentemente, e per fortuna, le cose non stanno così.

Circa un secolo dopo, nel 1929, Hubble fece la scoperta che può essere considerata la base della cosmologia moderna. Hubble osservò con grande cura e tenacia le galassie più distanti osservabili con i telescopi allora disponibili, e di ciascuna misurò la distanza e la velocità. I risultati del suo studio mostravano un fatto sconvolgente: le galassie si allontanano le une dalle altre con una velocità tanto più grande quanto maggiore è la loro distanza reciproca. Per cogliere la situazione possiamo immaginare un palloncino gonfiabile, tutto giallo con dei piccoli pois rossi. Quando il palloncino viene gonfiato, i puntini rossi si allontanano gli uni dagli altri proprio come le galassie nell'universo. È nella natura stessa dello spazio (palloncino giallo) il fatto di non essere una realtà statica, ma in continua espansione. In un certo senso le galassie sono «ferme» nello spazio (come i pois sono fissati sulla plastica gialla), ma lo spazio nel quale si trovano si dilata.
Così Hubble scoprì il primo fondamentale fatto che, sommato a una grande quantità di altre evidenze accumulate dalla ricerca astrofisica negli ultimi 60 anni, ha rivoluzionato la nostra visione cosmologica: l'universo fisico nel suo insieme non è una realtà statica ed immutabile, ma è in moto. Viviamo in un cosmo che muta nel tempo, che ha un passato, un futuro, una storia. Il fatto che il cosmo debba essere guardato come una realtà in movimento rende piena giustizia alla parola «uni-verso»: suggerisce che l'unità del tutto è convogliata in una direzione, verso uno scopo.

La scoperta fondamentale di Hubble è all'origine del modello del Big Bang, proposto per la prima volta da George Gamow nel 1946. Se l'universo si espande significa che nel passato la stessa quantità di energia e materia doveva essere contenuta in un volume più piccolo. Di conseguenza la temperatura e la pressione dovevano essere sempre più grandi via via che ci spingiamo indietro nel passato. Il grande esercizio della cosmologia moderna è dunque quello di studiare la fisica dell'universo andando a ritroso nel tempo cosmico, considerando situazioni sempre più estreme di densità e temperatura.
Ma, se le cose stanno così, a che punto siamo di questa storia cosmica? Dalla osservazione della velocità con cui si espande è possibile calcolare l'età dell'universo: esiste un tempo finito nel passato in cui la distanza tra due punti qualunque dello spazio (due puntini rossi sul palloncino) tende a zero. Questo tempo corrisponde a circa 15 miliardi di anni fa.
Alla fine degli anni Quaranta, a conclusione di un originalissimo studio teorico, Gamow e i suoi due studenti Alpher e Hermann si convinsero che poteva essere rinvenuta una traccia diretta dell'esistenza di una fase iniziale della storia dell'universo caratterizzata da una altissima temperatura. I loro risultati avevano portato a prevedere l'esistenza di un residuo di energia, oggi debolissima ma ancora osservabile, proveniente direttamente dal bollente universo primordiale. Ma ci volle un puro imprevisto perché la verità emergesse.
Non erano i tempi di Internet o di World Wide Web, sicché non molti vennero a sapere dei lavori di Gamow. Di sicuro non ne sapevano niente, quindici anni dopo, Penzias e Wilson del Bell Laboratory, che stavano facendo dei test su una grossa antenna per telecomunicazioni. Nel corso delle loro misure registrarono un modesto «eccesso di segnale». I due scienziati non trascurarono questo fatto apparentemente marginale, ma lo guardarono dritto in faccia. Inizialmente attribuirono il fenomeno a un difetto della loro antenna. Una attenta analisi, tuttavia, mostrò che né gli strumenti né sorgenti astronomiche note potevano spiegare quell'effetto. Penzias menzionò l'episodio a un suo amico dell'università di Princeton, il quale gli suggerì la possibilità che si trattasse di un segnale di origine cosmologica, come Gamow aveva previsto. Fu in questa maniera che Penzias e Wilson si resero conto di aver captato per la prima volta quello che è stato chiamato l'eco del Big Bang, una traccia diretta dell'universo primordiale, e che ha fatto fare un balzo incredibile alla cosmologia negli ultimi trent'anni. Per questa scoperta nel 1978 Penzias e Wilson ricevettero il premio Nobel.
Per capire meglio di che si tratta basta guardare un oggetto qualunque. Per esempio, il vaso di fiori che sta di fronte a me, a tre metri di distanza. Siccome la luce viaggia a 300 mila chilometri al secondo, la luce che parte dal vaso di fiori in un dato istante raggiungerà i miei occhi un centomilionesimo di secondo dopo: un tempo molto piccolo, nessuno se ne accorge, neanche i più pignoli. Se ora alzo lo sguardo e vedo la luna, la luce che vedo è partita effettivamente dalla luna circa un secondo fa. Nel caso del sole il ritardo è di 8 minuti. Noi vediamo le cose come erano nel passato, con un ritardo tanto più pronunciato quanto più distante è l'oggetto: dobbiamo concedere alla luce il tempo di attraversare la distanza che ci separa da esso. Noi oggi vediamo le stelle come erano decine, centinaia, o migliaia di anni fa. Le galassie sono tanto distanti che la luce ha impiegato molti milioni di anni per raggiungerci. Le galassie più distanti ci mandano un segnale che è partito oltre 10 miliardi di anni fa. Se andiamo oltre, il messaggio che riceviamo proviene da un passato così profondo che le stelle e le galassie ancora non avevano avuto il tempo di formarsi ed emettere la loro energia: è questo che spiega perché il cielo è oscuro! Infine, dal fondo «ultimo» del cielo riceviamo una immagine di come l'universo era nella sua prima infanzia, circa 15 miliardi di anni fa. A causa dell'espansione dell'universo, l'energia che oggi riceviamo è molto inferiore a quella emessa in quel lontano passato: essa è equivalente a una temperatura di circa 3 gradi sopra lo zero assoluto. Questo è il segnale che Penzias e Wilson hanno registrato: una sorta di luce fossile (il «Fondo Cosmico») che ha viaggiato per 15 miliardi di anni prima di raggiungerci, e che perciò ci porta un messaggio diretto sulle condizioni fisiche dell'universo primordiale. L'abisso nero del cielo, oltre le stelle e le galassie, porta il segno dell'origine.
A causa della estrema debolezza del segnale cosmico gli esperimenti possono essere fatti solo da regioni isolate - per evitare interferenze - e con una atmosfera particolarmente trasparente (come certe montagne desertiche o il centro dell'Antartide). Le condizioni ideali per queste misure sono però date dallo spazio. Nel 1992 il satellite Cobe ha fatto la prima vera e propria mappa globale dell'universo primordiale, misurando con grande sensibilità il «Fondo Cosmico» in tutte le direzioni.

Dunque la regione più estrema che possiamo direttamente osservare corrisponde a un'epoca in cui l'età dell'universo era circa un ventimillesimo di quella attuale: se paragoniamo l'età dell'universo attuale all'età di un adulto di 50 anni, ciò equivale alle prime 20 ore di vita. Osservazioni dirette di quanto è avvenuto prima non sono possibili, perché in epoche precedenti la temperatura era tanto elevata da sbriciolare gli atomi in protoni ed elettroni. In queste condizioni l'universo è opaco: la luce non può attraversare liberamente lo spazio. È come se ci fosse un velo sui primissimi drammatici avvenimenti. Ma anche dietro il velo, indirettamente, qualche forma si intravvede. Ci sono vari fenomeni fisici accaduti nei primissimi minuti di vita dell'universo che sono noti e descrivibili con ragionevole sicurezza, le cui tracce indirette sono osservabili tutt'oggi. In particolare, dopo circa 3 minuti di espansione, il miscuglio uniforme di particelle e di radiazioni che riempiva l'universo doveva avere una temperatura di circa un miliardo di gradi, e si trovava in condizioni del tutto analoghe a quelle esistenti all'interno di un nucleo stellare: come se l'universo, per un certo breve periodo, si fosse trovato in una fase di «stella totale». In quella fase primordiale le stesse reazioni termonucleari che oggi fanno risplendere il nostro sole devono aver prodotto elio e altri elementi leggeri secondo quantità che possono essere valutate con calcoli accurati. Ebbene, le osservazioni astronomiche confermano la presenza di una componente cosmologica di elementi leggeri secondo le abbondanze previste. Questo fatto è un altro dei pilastri osservativi fondamentali che sostengono l'attuale ricostruzione cosmologica.
Andando a tempi ancora più primordiali (e quindi a energie ancora più elevate) lo studio della cosmologia si connette in modo forte con le conoscenze che derivano dall'infinitamente piccolo: la fisica delle particelle elementari. Infatti, quando i fisici fanno scontrare, ad esempio, fasci di protoni e antiprotoni ad alta energia, in un grande acceleratore di particelle, riproducono in un piccolissimo volume condizioni simili a quelle che dovevano esistere ovunque nell'universo primordiale. Negli anni più recenti si sono formulate ipotesi teoriche che descrivono le primissime frazioni di secondo di vita dell'universo, quando le dimensioni dell'attuale universo osservabile dovevano essere circa quelle di una arancia.

Dunque l'universo ha una storia, e come ogni storia anche quella cosmica sembra avere avuto un punto di partenza. Questo è, in estrema sintesi, l'ipotesi per il futuro. Tuttavia, alla domanda: «Che cosa accadde all'inizio?» la cosmologia non dà risposte. Via via che ci avviciniamo a quel punto limite le variabili fisiche che usiamo per descrivere l'universo assumono valore infinito, e le equazioni su cui ci siamo appoggiati per compiere tutti i passi intermedi che ci hanno fatto giungere fino a questo punto perdono di significato. Lo spazio e il tempo, e con essi l'energia (di cui la materia è una forma) sembrano emergere da un evento alle soglie del quale la scienza ci conduce, ma che la scienza non afferra. È uno di quei punti di frontiera in cui la scienza, trattando il suo oggetto particolare con serietà e secondo il proprio metodo, va a cozzare contro un fattore della realtà che essa stessa, per rimanere coerente, deve riconoscere come «oltre», come «inconcepibile». Questa situazione caratterizza sempre la conoscenza scientifica, ma forse emerge in modo più suggestivo quanto più è «fondamentale» l'oggetto in questione. Del resto ciò non riguarda solo l'origine della realtà fisica nel senso cosmologico (storia e passato), ma anche l'origine della realtà fisica nel presente. Se torno a guardare il vaso di fiori che ho nella mia stanza, sono ancora davanti allo stesso mistero: di che cosa è fatto?

Marco Bersanelli.

sabato, luglio 05, 2008

Omegna - Acroaria - 2008 Coppa del mondo di acrobazia in volo Parapendio e Deltaplano

Siamo giunti all’8a edizione, ed anche quest’anno Omegna sarà la tappa Italiana dell’Acro Word Cup .

Sul lago d’Orta ancora una volta i migliori piloti acrobazia al mondo si contenderanno il trofeo Acroaria sia nella classificaSOLO sia nel SYNCHRO.

Il motto di ACRAORIA è sempre stato “Acrobazia e Fantasia” per questo anche in questa edizioneoltre alla competizione di acrobazia la faranno da padrone altre manifestazioni legate al volo.

Cinque eventi caratterizzeranno ACROARIA 08:

ACROARIA Coppa del Mondo di acrobazia in Volo- Parapendio e Deltaplano
Cosa possiamo dire di una delle manifestazioni più conosciute al mondo di acrobazia?
Presenti tutti i migliori piloti al mondo di ACROBAZIA, gara FAI ct. 2, valevole come punteggio Acro-Word Cup. Gara sia SOLO che Syncro

ACROARIA SHOW
Il volo oltre ogni “limite”, manifestazione di una sola manche dove i piloti sono ”liberi” di esprimersi non ponendo limiti alla propria fantasia…. Si può sconfiggere la forza di gravita? Vedendo le acrobazie di questi piloti sembrerebbedi si!!!

Per i più piccini…..e non…
dopo l’enorme successo della scorsa edizione circa 1.000 aquiloni costruiti ….

2° AQUILONI IN PIAZZA
Il successo della scorsa edizione con il traino di un treno di aquiloni sul lago ci spinge anche quest’anno a riproporre l’evento con un’attenzione sempre più marcata verso i bambini.
Infatti Aquiloni in piazza darà la possibilità a tutti di costruirsi il proprio aquilone, con che cosa? Solo ed esclusivamente con la busta della spesa o il bistrattato sacco dei rifiuti….faremo volare anche loro…

4° FLY FILM FESTIVAL
Ancora la FANTASIA IN GIOCO…. Con la rassegna di filmati del volo e della montagna.
Visione al pubblico nel tendone “cinema” tutte le sere.

PROGRAMMA provvisorio

GIOVEDI’ 14 AGOSTO
Ore 9.00

Apertura tendone ristoro
Ore 15.00 - 19.00
Selezione piloti partecipanti alla gara
1 giornata COPPA DEL MONDO DI ACROBAZIA Manche SOLO
Voli con atterraggi sulla zattera
Ore 20,00
cena al tendone ristoro.
Serata con musica dal vivo

VENERDI’ 15 AGOSTO
Ore 9.00

apertura tendone ristoro
Ore 11-19
2° giornata COPPA DEL MONDO DI ACROBAZIA I
N VOLO
AQUILONI IN PIAZZA -
Voli con atterraggi sulla zattera
Ore 20,00
cena al tendone ristoro.
Serata con musica dal vivo

SABATO 16 AGOSTO
Ore 9.00
apertura tendone ristoro
Ore 11-19
3° giornata COPPA DEL MONDO DI ACROBAZIA IN VOLO
Voli con atterraggi sulla zattera
AQUILONI IN PIAZZA
ESIBIZIONE TRENO DI ACQUILONI AL TRAINO
Ore 20,00

cena al tendone ristoro.
Serata con musica dal vivo

DOMENICA 17 AGOSTO
Ore 9.00

apertura tendone ristoro
Ore 11-18
4° giornata COPPA DEL MONDO DI ACROBAZIA IN VOLO – finali
ACRO-SCHOW
AQUILONI IN PIAZZA

ESIBIZIONE TRENO DI ACQUILONI AL TRAINO
Voli con atterraggi sulla zattera
Ore 19.00
premiazione
Ore 20,00
Cena al tendone ristoro
Serata con musica dal vivo

LUNEDI' 18 e MARTEDI 19 AGOSTO
Tutto il Team ACROARIA e parte dei piloti si trasferiranno a Torino sul lago di Aviglina per l'effettuazione dei test-Event dei WAG World Air Game che si terranno a Torino il prossimo anno.
Un altro evento da non perdersi.....

Associazione Sportiva VOGLIA DI VOLO
28887 Omegna (VB) Italy
Via F.lli di Dio n°89
Tel./Fax. +39.323.866120
Cell. 339.8408583

giovedì, luglio 03, 2008

Testo:Tanto attesa (2008)


Testo di Bomber Daniele Bottoni - Musica di Ivano Conti

Non pretendere che io sia diverso
dalla polvere dei libri in cui mi son perso
Il mio mondo vive ancora nonostante la fatica
nel vedere che ogni volta crolla ciò che ho costruito

una radio accesa grida tutto il giorno
tra un pezzo idiota e un quiz che non ricordo
e nel traffico son solo e faccio a pugni con me stesso
per difender quel che sono da ciò che invece vorrei adesso

stringo forte le mie mani
sento il vento fragile sugli occhi
per scoprire che son salvo solo
quando
tu mi tocchi
e la musica comincia a farsi strada nel mio cuore
tanto attesa e inaspettata...
tanto attesa e inaspettata.


frasi pronunciate senza dire una parola
c’è un racconto da me scritto, ma non vola!
i sorrisi dei miei bimbi che mi chiedono una storia
sono io che ora ti guardo; so che adesso so volare

ma non pretendere che io sia diverso
dalla storia che amo e dal mio essere disperso
sento i passi sul sentiero che attraversa il mio dolore
e sono qui, ci passo in mezzo e alla fine c'è il tuo amore

stringo forte le mie mani
sento il vento fragile sugli occhi
per scoprire che son salvo solo
quando
tu mi tocchi
e la musica comincia a farsi strada nel mio cuore
tanto attesa e inaspettata...
tanto attesa e inaspettata.

Questo brano sarà presentato in anteprima al secondo Rdrock Project al Rosa Antico Club a MIlano il 16 Luglio