sabato, novembre 26, 2016

L'italiano che ha inventato la CPU

Quella che sto per raccontarvi è una storia tanto affascinante quanto sconosciuta ai più.
La nascita del microprocessore cosi come lo conosciamo, quello che oggi troviamo all’interno dei nostri computer, la dobbiamo a Federico Faggin, un fisico italiano naturalizzato statunitense.
Federico Faggin nacque a Vicenza il 1° dicembre 1941 e nel 1960 conseguì il diploma di perito industriale specializzandosi in radiotecnica, all’Istituto tecnico Industriale di Vicenza.
Iniziò subito ad occuparsi di calcolatori presso la Olivetti di Borgolombardo, all’epoca tra le industrie all’avanguardia nel settore, contribuendo alla progettazione ed infine dirigendo il progetto di un piccolo computer elettronico digitale a transistor con 4 K per 12 bit di memoria magnetica.
Si laureò in fisica con lode nel 1965 all’Università di Padova, dove venne nominato assistente incaricato.
Nel 1967 venne assunto alla SGS-Fairchild (che poi divenne STMicroelectronics) ad Agrate Brianza, dove sviluppò la prima tecnologia di processo per la fabbricazione di circuiti integrati MOS (metallo-ossido-semiconduttore) e progettò i primi due circuiti integrati commerciali MOS.
La SGS-Fairchild inviò Faggin presso la sua consociata Fairchild Semiconductor, azienda leader del settore semiconduttori a Palo Alto in California, (Già, proprio l’azienda di Moore) dove ebbe la possibilità di continuare il suo lavoro sulla tecnologia MOS, e sullo sviluppo della tecnica della “porta al silicio” (silicon gate) usando come conduttore silicio drogato anziché alluminio
Ma la vicenda che qui ci interessa ha inizio quando Faggin lascia la Fairchild per entrare a far parte di un’altra società operante nella Silicon Valley, la Intel.
All’epoca, Intel era una piccola società che aveva un grande asso nella manica, le “memorie a semiconduttore”, le cui vendite andavano benissimo, e ne garantivano il fatturato, e che andavano sistematicamente a sostituire i tradizionali anellini di ferrite.
Prima delle memorie prodotte da Intel si utilizzavano minuscoli anelli di ferrite, ad ogni bit di memoria corrispondeva un anello di materiale ferromagnetico, che veniva magnetizzato in un verso o in quello opposto.
La rivoluzione rappresentata dalle memorie Intel fu evidente da subito, e generò un grande volume di vendite.
Faggin entrò in azienda in un periodo molto particolare, nel 1969, la Intel aveva ricevuto l’incarico dall’azienda giapponese Busicom, per la realizzazione dei chip necessari a costruire una macchina calcolatrice programmabile.
Il progetto, in mano ad un ingegnere ed un programmatore Intel rimase a lungo senza sviluppi, tanto che la stessa Busicom fu ad un passo dal rescindere il contratto.
Questo settore era considerato dai vertici di Intel, assolutamente secondario rispetto al business delle memorie, per questo motivo, la direzione del progetto venne allora affidata al giovane e neo assunto Faggin, (probabilmente perché la sua inesperienza avrebbe funzionato bene come capro espiatorio, di fronte alla ormai quasi inevitabile perdita del progetto) ma il fisico italiano, non perse tempo, ed avviò subito la progettazione dei chip, integrando la tecnologia MOS, di cui egli era ormai un vero esperto.
Vennero creati quattro moduli, che poi saranno denominati con le sigle da 4001 a 4004, i primi tre erano dispositivi di memoria (ROM, RAM e registri) relativamente standard; il quarto, denominato 4004, costituiva una unità centrale di elaborazione (CPU) completa di tutte le sue parti, per la prima volta realizzata nella forma di un unico integrato
L’idea del “computer on a chip” cioè realizzare tutte le parti essenziali di un calcolatore in un unica lastra di silicio, era già nell’aria da qualche tempo, ma fino ad allora non era mai stata realizzata.
Faggin, riesce a centrare l’obiettivo, lavorando (racconterà poi in un intervista) tra le dodici e le quattordici ore al giorno per diversi mesi consecutivi, apportando contributi fortemente innovativi sia a livello circuitale sia riguardo la tecnologia degli integrati: Egli progettò sia la logica del sistema che i circuiti, disegnò i quattro integrati che li realizzano, costruì anche gli apparati di prova necessari per i test.
La consegna del prodotto al committente avvenne nel febbraio 1971. Il modulo 4004, che sarà poi battezzato come “microprocessore”, impiegava 2300 transistor MOS, contro le decine di milioni usati nei microprocessori moderni, occupava un’area di 3x4 millimetri quadrati, e su di esso si dice che Faggin impresse la sigla “FF” le sue iniziali, ed era in grado di offrire una potenza di calcolo comparabile a quella dell’ Einac.
Una curiosità che vale la pena di menzionare è che il 4004, venne montato negli apparati di bordo della sonda spaziale Pioneer 10, lanciata nel febbraio 1972, fu il primo microprocessore ad allontanarsi dalla Terra fino a raggiungere la fascia degli asteroidi, situata ancora più distante di Marte.
Negli anni successivi Faggin seguì come supervisore lo sviluppo di altri due microprocessori. Questi dispositivi, denominati 8008 e 8080 a 8 bit, sono i progenitori della famiglia dei microprocessori più usati oggi, cioè quella che ha condotto Intel al successo. 
Come molti geni del settore, anche Faggin, ebbe una chiara visione delle prospettive del microprocessore.
Egli prospettò l’utilizzo di questa tecnologia anche al di fuori delle macchine da calcolo, intendendolo come un dispositivo programmabile per differenti apparati di controllo, e con potenzialità d’impiego molto vaste.
Questa sua teoria, inizialmente non venne condivisa dagli altri dirigenti di Intel, ma si verificò esatta, quando egli trasformò i quattro chip sviluppati per la società Busicom in un chip set di impiego generale (che venne battezzato MCS-4), che potesse essere utilizzato per il  controllo di altri apparecchi.
Il successo commerciale delle sue teorie convinse e fu determinante nella strategia commerciale di Intel.
Una nota storica ci riporta che ufficialmente, la paternità del microprocessore non venne attribuita a Faggin, ma a Tef Hoff, (l’assegnatario originale del progetto per la Busicom), solo diversi anni dopo, venne riconosciuto il valore del lavoro del fisico italiano.
Nel frattempo però Faggin aveva già lasciato Intel, per fondare una sua azienda, la Zilog, dove venne sviluppato lo “Z80”.
Grazie a questo microprocessore, nel giro di due anni e mezzo la Zilog crebbe da 11 a 1300 impiegati, con uffici internazionali, una fabbrica in Silicon Valley e una in Asia. Lo Z80 è ancora oggi fabbricato in grandi volumi, trentadue anni dopo la sua introduzione sul mercato.
Nel 1982, Faggin diede vita alla Cygnet Technologies e nel 1986 fondò la Synaptics, azienda che sviluppò i primi touchpad e touchscreen.
Attualmente Il fisico Italiano, ha gradualmente lasciato tutti i suoi impegni per dedicarsi ad un particolarissimo studio sulla “consapevolezza”, teso a dimostrare in termini scientifici in che modo  la consapevolezza umana sia legata alla realtà fisica.
La consapevolezza, permette all’essere umano di avere la percezione delle esperienze che sta vivendo e quindi di poterle rielaborare come dati autonomi, che andranno a loro volta ad arricchire ed ampliare il suo bagaglio esperienziale e mentale, aiutandolo in un certo senso ad evolvere continuamente e ad imparare dai propri errori.
In virtù di questa intuizione, Faggin quindi ha deciso di dedicare una fondazione no profit, attiva da alcuni anni, nella speranza di comprendere più a fondo i meccanismi che permettono all’essere umano di comprendere e analizzare se stesso in rapporto alle proprie esperienze per imparare costantemente, provando così ad aprire nuovi orizzonti anche per il futuro dell’informatica, dello sviluppo dei microprocessori e dell’intelligenza artificiale.
In una cerimonia svoltasi nel Febbraio 2002, l’allora Ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri, ha riconosciuto il ruolo del geniale ingegnere veneto definendolo, tra l’altro, “Un alfiere della genialità e del lavoro italiano nel mondo”.
Tra i tantissimi riconoscimenti che Faggin ha ricevuto negli anni sono da segnalare nel 1988, il Premio Internazionale Marconi per la realizzazione del microchip e, nello stesso anno, la Medaglia d’oro per la Scienza e la Tecnologia da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nel 1994 a Faggin è anche stato riconosciuto il W. Wallace McDowell Award dalla IEEE.
Nel 2010 il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama gli ha conferito la “National Medal of Technology and Innovation” in una cerimonia tenuta alla Casa Bianca.
Durante la premiazione Obama, consegnando la medaglia disse “Lei ha davvero cambiato il mondo!”, e la sua risposta fu “pare di si!”.
In un interessante intervista su Telema di qualche tempo fa, Faggin ha spiegato di vedere così il futuro della ricerca tecnologica: “Abbiamo appena parlato dell’importanza dei semiconduttori, ma immagino che l’impatto che essi oggi stanno avendo sullo sviluppo tecnologico si rivelerà infinitamente inferiore rispetto a quello che, in tempi più lunghi, avrà la biotecnologia. E’ questo il settore del futuro, quello in cui si produrranno innovazioni oggi difficilmente quantificabili. Quando tra cinquant’anni ci si volgerà indietro a guardare il mezzo secolo trascorso, apparirà evidente che gran parte delle innovazioni delle quali l’umanità potrà beneficiare sarà connessa con la biologia. Gli scienziati avranno infatti finalmente imparato a controllare le singole molecole, trattandole come pezzi su una scacchiera, mentre per il momento la tecnologia è in grado di utilizzare soltanto insiemi di molecule”.
Durante Smau 2011, intervistato da Nicola Procaccio, (Communication and Media Relation Manager di Intel Italia e Svizzera) Faggin ha detto di vedere con molto interesse gli studi nel campo dei computer quantici, come frontiera futura per l’ulteriore sviluppo dei microprocessori e il superamento dei limiti imposti dalle attuali tecnologie basate su microcircuiti in silicio.
Oggi, nel 2016, possiamo dire con certezza che i primi computer quantici sono diventati realtà.
… ma non abbiate fretta… ne parleremo a tempo debito.

Tratto dal Libro “L’uomo e il computer, una storia dentro la storia“© di Daniele Bottoni Comotti

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