Lo scienziato ritirò il premio in frac senza fare il saluto romano: uno scandalo.
Continuò a lavorare da protagonista negli Stati Uniti
Era probabilmente il treno notturno 44, che come ogni sera partiva da Roma alle 21:40 diretto a Nord. Ma quello del 6 dicembre fu un treno molto particolare: quella sera, come scrive Edoardo Amaldi, fisico italiano vissuto tra il 1908 e il 1989 e all’epoca giovane collega di Enrico Fermi in via Pansiperna,
si chiudeva definitivamente un periodo, brevissimo, della storia della cultura in Italia che avrebbe potuto estendersi e svilupparsi forse avere una influenza più ampia sull’ambiente universitario e, con il passare degli anni, magari anche sull’intero paese. Il nostro piccolo mondo era stato sconvolto, anzi quasi certamente distrutto, da forze e circostanze completamente estranee al nostro campo d’azione.
Proprio perché oggi le cronache parlano di chi a ritirare il Nobel non ci va, tornare a quella sera di dicembre ci ricorda quanto la consegna di quel riconoscimento sia non solo il coronamento di una carriera artistica o scientifica, ma sia stata talvolta anche momento drammatico e snodo cruciale nella vita dei premiati. Su queste pagine ce lo ha recentemente raccontato Gabriella Greison, ricordando Marie Curie che per ritirare il Nobel sfidò lo scandalo a testa alta. Il viaggio verso Stoccolma del fisico Enrico Fermi è un altro esempio che vale la pena raccontare.
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