martedì, settembre 30, 2008

Un Paese a Sei Corde - Chitarre sul lago d'Orta

L'Associazione Culturale "La Finestra sul Lago" ha presentato

Un Paese a Sei Corde

Chitarre sul lago d'Orta

12 concerti in collaborazione con l'Unione dei Comuni del Cusio 

Con il concerto di Tony McManus di sabato scorso, 27 settembre, si è chiusa l’edizione 2008 di Un Paese a Sei Corde. Una serata speciale, protagonista forse il miglior chitarrista celtico del mondo.

Sul palco, in sala di registrazione o dietro un banco di regia, Tony McManus porta con sé un profondo rispetto per la musica tradizionale. Ovunque lo porti il suo viaggio, possiamo stare sicuri che si tratterà di un percorso affascinante. E non ha certo deluso le aspettative, nella bella cornice della chiesa di S. Albino a Pella. Due ore intense, con un concerto che è un viaggio nella cultura chitarrista mitteleuropea e nord americana.

Dodici concerti articolati su un programma che è durato tre mesi e ha visto impegnati ventitre artisti, con eventi che hanno toccato alcune delle più belle località dei comuni del Cusio. La terza edizione di Un Paese a Sei Corde è stata senza dubbio caratterizzata dall’ottima affluenza di pubblico in tutte le occasioni, segnando una buona maturazione della proposta e del lato organizzativo. La parentesi al femminile ha sicuramente interessato i cultori della chitarra classica e ha sorpreso anche chi segue principalmente i chitarristi acustici. Non resta che scoprire quali saranno le novità per la prossima edizione.

Tutti gli appuntamenti, per tutto il programma della rassegna, sono stati a ingresso gratuito, grazie al patrocinio e al contributo della Regione Piemonte, della Provincia di Novara (Assessorato alla Cultura), dell’Unione dei Comuni del Cusio e delle Fondazioni Comunità del Novarese ONLUS e Banca Popolare di Novara per il Territorio. Grazie a tutti coloro che ci hanno seguito con costanza e con passione, grazie alle istituzioni che ci hanno sostenuto con i loro contributi e grazie a tutti i collaboratori (giornalisti, fotografi e musicisti) che con grande professionalità ci hanno consigliato sia in corso di progettazione che in corso d'opera.

Se volete ripercorrere a ritroso il cammino di questa rassegna visitate www.unpaeseaseicorde.it, dove ritroverete il programma completo della manifestazione, le foto e le news degli artisti, i link ai loro siti, le immagini, i video e tanto altro.

Arrivederci all'anno prossimo!

sabato, settembre 20, 2008

Lou Marini e Blues for people: in missione per conto di Dio

In un angolo remoto della Fiera di Rimini accade qualcosa di straordinario: il Blues Brother "Blue Lou" Marini, che oltre alla leggendaria band ha collaborato con i più grandi musicisti rock, blues e jazz, si alza dalla sedia di relatore e improvvisa una danza a ritmo di musica, di fronte a un pubblico incredulo. Nell'aria, le note introduttive del suo nuovo lavoro discografico. Ma di che stiamo parlando?
Facciamo un passo indietro: Milano, Politecnico, fine anni Ottanta. Un gruppo di universitari, amici per la pelle, inizia un'avventura: riproporre lo show dei fratelli Blues per raccogliere fondi in beneficenza. Gli anni passano, l'amicizia cresce e la famiglia si allarga a nuovi componenti.
La BBBand ne ha passate di tutti i colori tra concerti, incontri, storie, amicizie. Insieme si decide di dare forma legale e maggior dignità all'opera iniziata, e allora si fonda l'associazione Blues for People.
Nel 2004, proprio al Meeting di Rimini, avviene l'incontro travolgente con Lou Marini. Il musicista coglie immediatamente lo spirito ironico e vivace della band, e nasce una bella amicizia. I “ragazzi”, che già sanno di aver ricevuto tanto, non smettono tuttavia di sognare in grande, e nel 2007 azzardano una proposta geniale e incredibile: chiedono a Lou di ri-armonizzare i più famosi canti popolari italiani in chiave rithm'n'blues, funky... insomma come li suonerebbero i Blues Brothers. E lui che fa? Accetta!
Torniamo al presente: “Blue Lou” Marini, Marco “Elwood” Ricotti, Carlo “Jake” Fumagalli e Ciccio “Cab” Celant raccontano al pubblico del Meeting non tanto un progetto discografico, quanto la storia di un'amicizia bella e inaspettata, che a visto il gruppo di musicisti addirittura condividere le vacanze. C'è spazio per qualche domanda alla leggenda del sax.

Qual è stata la prima reazione all'idea dell'album? Quale il metodo di lavoro? E che giudizio dai a posteriori? Lou Marini non si lascia pregare, e racconta tutta la storia: «Sono canzoni bellissime, ma all'inizio ne conoscevo soltanto una. Mi domandavo: come farò? Ma poi mi accorsi che tutti quei ritornelli, una volta ascoltati, non escono più dalla testa, hanno una forza incredibile; così mi sono innamorato del progetto e mi sono appassionato a quelle vecchie canzoni italiane. Le fischiettavo di continuo passeggiando per New York pensando a come dargli nuova veste, pur volendone rispettare la melodia originale, senza stravolgerle. È stato un lavoro affascinante, di grande creatività. Poi abbiamo inciso la sezione ritmica a Brooklyn con altri colleghi della Original Blues Brothers Band: c'era tanta allegria, anche perché non ero il solo di origine italiana... Infine sono partito per Milano, e la BBBand ha pensato a voci, cori e tutto il resto. Il mio metodo è quello di dare la massima libertà creativa a tutti gli artisti. Solo così nascono le buone idee. In questo album c'è un non so che di ironia, un certo spirito indefinibile che lo rende unico, allegro, divertente, tutto da ballare. E questo in un periodo in cui si produce tanta roba volgare e deprimente. Sono molto contento del risultato finale».
Il lavoro discografico, di cui ancora non si rivela il nome, è ormai quasi del tutto concluso, ma i pochi secondi ascoltati (e il ballo intrigante di Lou) infiammano il pubblico, che canta in coro e batte le mani a ritmo di musica. E pensare che si trattava dell'arcinota “Uva Fogarina”... Forse non si era mai visto tanto entusiasmo e partecipazione nel cantarla! Si dovrà tuttavia attendere l'autunno per l'uscita ufficiale dell'album. Nel frattempo non bisognerà perdere di vista il sito della band (www.bluesforpeople.com – attivo entro pochi giorni). Insomma una storia in cui la realtà supera di gran lunga ogni immaginazione.
Davvero questi ragazzi, per citare il loro motto, “Non mandano mai a casa nessuno scontento”.
A partire da loro stessi.

Fonte: http://www.ilsussidiario.net

Autore: Stefano Rizza

Erano le quattro del pomeriggio - L’incontro di Giovanni e Andrea (di Luigi Giussani)


Il capitolo primo di san Giovanni contiene la memoria di coloro che l’hanno seguito subito. Su un foglio, qualcuno di loro ha annotato le prime impressioni e i tratti del primo momento in cui il fatto accadde. Il primo capitolo di san Giovanni, infatti, contiene un seguito di appunti che sono proprio appunti di memoria. Uno dei due, diventato vecchio, legge nella sua memoria gli appunti rimasti.
«Quel giorno Giovanni stava ancora là con due discepoli. Fissando lo sguardo su Gesù che passava disse...». Immaginatevi la scena, dunque. Dopo 150 anni che lo aspettavano, finalmente il popolo ebraico, che sempre, per tutta la sua storia, per due millenni, aveva avuto qualche profeta, qualcheduno riconosciuto profeta da tutti, dopo 150 anni finalmente il popolo ebraico ebbe di nuovo il profeta: si chiamava Giovanni Battista. Ne parlano anche altri scritti dell’antichità, è documentato storicamente, quindi. Tutta la gente - ricchi e poveri, pubblicani e farisei, amici e contrari - andava a sentirlo e a vedere il modo con cui viveva, al di là del Giordano, in terra deserta, di locuste e di erbe selvatiche. Aveva sempre un crocchio di persone attorno. Tra queste persone quel giorno c’erano anche due che andavano per la prima volta e venivano, diciamo, dalla campagna - veramente venivano dal lago, che era abbastanza lontano ed era fuori del giro delle città evolute -. Erano là come due paesani che per la prima volta vengano in città, spaesati, e guardavano con gli occhi sbarrati tutto quel che stava attorno e soprattutto lui. Erano là con la bocca aperta e gli occhi spalancati a guardare lui, a sentire lui, attentissimi. Improvvisamente uno del gruppo, un giovane uomo, se ne parte, prende il sentiero lungo il fiume per andare verso il nord. E Giovanni Battista immediatamente, fissandolo, grida: «Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato dal mondo!». Ma la gente non si mosse, erano abituati a sentire il profeta ogni tanto esprimersi in frasi strane, incomprensibili, senza nesso, senza contesto; perciò, la maggior parte dei presenti non ci fece caso. I due che venivano per la prima volta ed erano là che pendevano dalle sue labbra, che guardavano gli occhi suoi, seguivano i suoi occhi dovunque girasse lo sguardo, hanno visto che fissava quell’individuo che se ne andava, e si sono messi alle sue calcagna. Lo seguirono stando a distanza, per timore, per vergogna, ma stranamente, profondamente, oscuramente e suggestivamente incuriositi. «Quei due discepoli, sentendolo parlar così, seguirono Gesù. Gesù si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: “Che cosa cercate?”. Gli risposero: “Rabbi, dove abiti?”. Disse loro: “Venite a vedere”». «E andarono, e videro dove abitava, e si fermarono presso di lui tutto quel giorno. Erano circa le 4 del pomeriggio». Uno dei due, che avevano udito le parole di Giovanni Battista e lo avevano seguito, si chiamava Andrea, ed era il fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo proprio suo fratello Simone, che tornava dalla spiaggia - tornava o dalla pescagione o dal rassettare le reti necessarie al pescatore - e gli dice: «Abbiamo trovato il Messia».
Come ha fatto a dire: «Abbiamo trovato il Messia»? Gesù, parlando loro, avrà detto questa parola, che era nel loro vocabolario; perché dire che quello fosse il Messia, “in quattro e quattr’otto”, sarebbe stato impossibile. Si vede che, stando là ore e ore ad ascoltare quell’uomo, vedendolo, guardandolo parlare - chi è che parlava così? Chi aveva mai parlato così? Chi aveva detto quelle cose? Mai sentite! Mai visto uno così! -, lentamente dentro il loro animo si faceva strada l’espressione: «Se non credo a quest’uomo non credo più a nessuno, neanche ai miei occhi».
Ma immaginate quei due che lo stanno a sentire alcune ore e poi dopo devono andare a casa. Lui li congeda e se ne tornano zitti. E poi si dividono: ognuno dei due va a casa sua. Non si salutano, non perché non si salutino, ma si salutano in un altro modo, si salutano senza salutarsi, perché sono pieni della stessa cosa, sono una cosa sola loro due, tanto sono pieni della stessa cosa. E Andrea entra in casa sua e mette giù il mantello, e la moglie gli dice: «Ma, Andrea, che hai? Sei diverso, che ti è successo?». Immaginate lui che scoppiasse in pianto abbracciandola, e lei che, sconvolta da questo, continuasse a domandargli: «Ma che hai?». E lui a stringere sua moglie, che non si è mai sentita stretta così in vita sua: era un altro. Era un altro! Era lui, ma era un altro. Se gli avessero domandato: «Chi sei?», avrebbe detto: «Capisco che son diventato un altro... dopo aver sentito quell’individuo, quell’uomo, io sono diventato un altro». Ragazzi, questo, senza troppe sottigliezze, è accaduto.

Racconto pubblicato dal sito della rivista Piccole Tracce (http://www.piccoletracce.it)
http://www.piccoletracce.it/passo.htm#portogal

venerdì, settembre 12, 2008

Il Re del Portogallo - di Luigi Giussani

Figuriamoci un paesino di montagna, alcuni decenni fa. Un'unica mulattiera unisce il villaggio al paese più grande, giù a fondo valle. Non c'è un medico stabile, ma c'è il comune, con un sindaco. Tutti vivono del bosco, qualche gallina, qualche mucca, nessun nesso col mondo. Un paesino chiuso, degradato. Nell'unica casa un po' bella del paese una famiglia venuta dalla città viene a stabilirsi. Un signore e una signora molto distinti, due bambini. Sono gentilissimi, ma tutto il villaggio si ritrae di fronte a loro. Li spiano dalle fessure delle persiane quando passano, nell'unica botteguccia del paese non accettano alcun tipo di conversazione, nessuno li saluta. Accade un giorno che un abitante del paese si infortuna gravemente. La signora è medico e si adopera in tutti i modi fino alla sua completa guarigione. Così il ghiaccio si rompe e via via, molto lentamente, si crea non tanto un affiatamento a parole, ma un affiatamento pratico. Anche lui si rende disponibile a ogni necessità: un camino si rompe, un macchinario da riparare..., quel signore di città sa sempre come intervenire. «Sarà un ingegnere», dicono tra loro in paese. Lui la sera andava sempre nell'unica osteria del villaggio dove gli uomini giocavano a carte avvolti in una nuvola di fumo. E, dapprima, se ne stava lì a guardare, poi nell'impaccio generale chiede di poter giocare anche lui, e gli uomini del paese scoprono che è anche un ottimo giocatore. Insomma, dopo qualche settimana quella era la famiglia più amata del paese. Una domenica, mentre stavano giocando a carte, si interrompe per raccontare di quando aveva viaggiato nella Terra del Fuoco e tutti se ne stavano lì con le carte in mano e la pipa in bocca ad ascoltarlo, perché parlava in modo affascinante, sapeva una infinità di cose. A un certo punto il più vecchio di tutti tira fuori la pipa dalla bocca, mette giù le carte e dice:
«Senti, tu devi rispondere alla nostra curiosità. Molti fra noi dicono che sei un ingegnere, molti dicono che sei uno scienziato, altri dicono altre cose. Ma tu chi sei? Come fai a essere così bravo in tutto, a sapere tante cose?».
Allora lui dice: «Amici, adesso che siamo veramente in confidenza ve lo posso dire. Però non dovete tradirmi, perché per una serie di ragioni la mia posizione è delicata nei confronti della legge, e se si sapesse che sono qui mi arresterebbero subito. Io sono il re del Portogallo in esilio».
A nessuno lì nell'osteria viene in mente di mettere in dubbio questa risposta: la sua risposta, inimmaginabile, s'addiceva al suo tipo di persona.

Racconto pubblicato dal sito della rivista Piccole Tracce (http://www.piccoletracce.it)
http://www.piccoletracce.it/passo.htm#portogal